domenica 11 marzo 2012

Cose di neve

La neve se n'era andata quasi del tutto portandosi via quella luce particolare che le piaceva guardare dal letto. Si stendeva al buio e lasciava vagare lo sguardo immaginando che due linee luminose le partissero dagli occhi e s'allargassero sul prato bianco, per ritornare indietro cariche di un pulito nuovo, che faceva bene all'anima.
Amava la luce e la voce della neve. O la non-voce, perché il silenzio era così compatto che sembrava fermasse l'aria, e le faceva anche un po' paura.
Così doveva essere anticamente: la natura che sovrasta l'uomo e lo fa riflettere. E cercare qualcosa al di fuori di sé, uno spirito, forse un Dio. Degli uomini e delle cose.

Certe volte usciva a camminare nella notte. Non c'era altro rumore che il suo passo sulla neve secca. Uno scricchiolio leggero, uno sfregamento di fiocchi che si comprimevano sotto il suo peso. E la sensazione di essere sola al mondo in quel silenzio strano, non riproducibile, senza odore.
Si sceglieva i percorsi, per non pesticciare disordinatamente il bianco. E al ritorno appaiava le stesse impronte dell'andata, accanto, punta tacco, tacco punta, perché nella vita, comunque vadano le cose, c'è sempre un'andata e un ritorno, e l'uno e l'altro devono essere armoniosi.
Ma quel giorno la neve, fradicia dal pomeriggio, impozzangherava i prati.

Quella notte avrebbe chiuso le tende.

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