L'Uomo s'abbottonò la
giacca, ne alzò goffamente il colletto e, con disappunto, mise la
mano all'altezza della gola per proteggersi dall'improvvisa folata di
vento primaverile.
“Quest'anno il caldo non
ne vuole proprio sapere...” borbottò.
La Signora osservò quella
mano piccola e bianchiccia, dalle unghie smorte, e fece un sorriso
apparentemente benevolo ma in realtà infastidito. Noioso, sentenziò, e allungò il passo seguita dall'andatura saltellante
dell'Uomo e della sua cartella antiquata che, battendo sul ginocchio,
aveva piccoli moti sussultori e una vaghezza di cigolio della
maniglia.
Al di là della cartella,
la Collega perdeva i lineamenti in un tailleur grigio senza garbo,
dalle grandi impunture e i bottoni di plastica bianca, a contrasto.
Sempre in coppia vanno
questi, pensò la Signora, ed entrò nello studio con la decisione di
chi, dovendo inevitabilmente affrontare una situazione spiacevole,
non veda l'ora di superarla. Si sedette davanti e non dietro alla
scrivania, quasi a voler togliere ufficialità all'incontro e l'Uomo
le si sedette accanto, appoggiò la cartella sulle gambe, alzò i piedi sulle punte per livellare il piano d'appoggio, e l'aprì.
C'era una minuzia nei suoi
gesti, un'attenzione nel concentrarli in brevi scatti, del tutto
consone alla sua bassa statura, alla figura insignificante. Gli
occhi, dal colore neutro, indeciso, leggermente sporgenti, seguivano l'azione con uno sbattere di ciglia svelto e
regolare, come un metronomo. I capelli corti e incolore, diradati
sulle tempie, stavano ritti sul capo tondo, senza contrasto
cromatico.
Sembra un insetto, pensò
la Signora. E, come un insetto, l'Uomo porse l'orecchio buono alla
Collega, con una leggera mossa del collo, abbassando un poco la
spalla, sollevando appena il mento, e annuì.
Poi estrasse dei moduli e
li allineò con precisione sul piano, rispettando la simmetria dei
bordi della scrivania e della sovrapposizione dei fogli.
La Collega lasciò vagare
il pensiero e si perse nella noia della solita routine.
L'Uomo svolgeva uno di
quegli ingrati lavori statali di controllo che inibiscono qualsiasi
rapporto di simpatia con l'interlocutore. La malcelata insofferenza
degli utenti all'inizio lo aveva
mortificato ma, col passare degli anni, aveva sviluppato un livore di
rivalsa che si era cronicizzato nel suo modo di essere sbiadito e
vendicativo.
Il lavoro non gli piaceva,
in più era frustrante che tutti non
vedessero l'ora che si togliesse dai piedi. Controllava, sanzionava e
se ne andava. E più sanzionava più imprecavano e più lo
sfuggivano. Era un circolo vizioso nel quale era rimasto intrappolato
e dal quale non poteva più uscire.
Il lavoro lo schiacciava,
lo isolava in un mondo nel quale, per altro, occupava poco spazio.
Non era attraente, non era loquace, sentiva da un orecchio solo.
Soffriva di gastrite ed emetteva a tratti dei lievi sibili sgonfiando
le guance per rilasciare disgustosi accumuli d'acidità. Si muoveva
senza grazia e sapeva di non piacere. Aveva quell'età di mezzo che
ha dimenticato i sogni della gioventù per stabilizzarsi nel grigiore
dell'insoddisfazione. Senza moglie, né famiglia, né amici. Senza
passioni.
L'Uomo seguì il lento
protocollo dei moduli. Domande, risposte, verifiche, cercando di
scoprire in un'inflessione di voce, in un'esitazione, l'appiglio per
approfondire ed esercitare il suo potere.
La Signora era efficiente
fra schedari e mappe catastali ma, allo stesso tempo, era innervosita
dal fatto che, qualcosa che non va lo dovranno pur trovare.
Sicura nei modi, aveva una sensibilità retrattile che difficilmente mostrava, più per discrezione che per sfiducia, e le sue emozioni, sovente trasformate in ironia, erano riservate agli amici con i quali aveva condiviso il percorso più lungo. Era positiva, indipendente, ma quello che sembrava un buon carattere era in realtà un modo d'essere complesso e spesso tormentato.
Sicura nei modi, aveva una sensibilità retrattile che difficilmente mostrava, più per discrezione che per sfiducia, e le sue emozioni, sovente trasformate in ironia, erano riservate agli amici con i quali aveva condiviso il percorso più lungo. Era positiva, indipendente, ma quello che sembrava un buon carattere era in realtà un modo d'essere complesso e spesso tormentato.
L'Uomo accavallò le gambe
dondolando il piede
calzato di nero. Il gesto scoprì la pelle del polpaccio fra il
calzino, corto e triste, e il risvolto del pantalone. E quel lembo di
pelle, così chiaro e traslucido, in contrasto col nero sfinito della
stoffa, sembrò alla Signora patetico e impudico. Come se l'Uomo
avesse aperto uno spiraglio intimo attraverso un contatto visivo del
tutto meccanico e del quale non aveva coscienza.
Osservava la sua
meticolosità, incuriosita dalla pochezza vitale dell'Uomo,
chiedendosi cosa ci fosse dietro a quel tipo così simile ad un
insetto da sembrarle ridicolo.
Quando non lavora di cosa
si occupa? gli chiese.
L'Uomo girò gli occhi
rotondi verso di lei con la palpebra bloccata a mezz'occhio e tardò
un attimo a riprendere il sistematico sbattere di ciglia ancor più
svelto e irregolare. Era disorientato dalla domanda, per lui, inusuale.
Appoggiò la penna parallela ai fogli, la spinse col pollice per correggerne la verticale, prese fiato e tempo, mosse la testa e scatti veloci a destra e a sinistra come una libellula.
Appoggiò la penna parallela ai fogli, la spinse col pollice per correggerne la verticale, prese fiato e tempo, mosse la testa e scatti veloci a destra e a sinistra come una libellula.
"Beh... io...
veramente... non saprei..." tentò di ritrarsi.
Poi,
all'improvviso, parve prendere vigore, e in quel rianimarsi c'era una
sorta di gratitudine per una domanda che da tempo nessuno gli
rivolgeva, perché a nessuno interessava sapere che cosa facesse del
suo tempo, e tanto meno pensava potesse interessare alla Signora, per
la quale provava una certa soggezione unita alla solita ostilità di
ruolo e al desiderio di punirla per essere ciò che era, o ciò che
sembrava essere.
"Avevo una
passione... tante ore d'appostamento, di studio, di catalogazione...
troppo troppo tempo..." confermò come fra sé "...ero
appassionato di entomologia... ma adesso, sa..." e volse gli
occhi esitando, incerto sull'approvazione di lei.
Oddio non ci posso
credere! Un insettologo! rise in cuor suo la Signora sentendosi presa
nella sua stessa trappola mentale e sconcertata dal potere che
quell'identificazione avesse fatto assumere all'Uomo movenze e
fisicità d'insetto.
Non ho mai
conosciuto un entomologo, dev'essere un mondo affascinante,
disse pronta ad ironizzare.
"Affascinante sì, ma... sa... poi... il lavoro..."
E, incoraggiato da quello
che intese come interesse, l'Uomo si lanciò in una
spiegazione fitta di appostamenti solitari, di silenziose ore nel
bosco dove trasferiva la sua mancanza di contatti umani alla ricerca
di esperienze naturali apparentemente minime ma in grado di creargli
emozioni.
Cercava, catalogava, approfondiva, interiorizzando processi
di vita misteriosi, trasformazioni magiche.
Raccontava, in tono
concitato, che aveva perfino scritto un libro sull'evoluzione della
farfalla comune, che gli era costato notti di ricerca, in un
isolamento che lo aveva estenuato.
Piano piano l'esaltazione
verbale si smorzò in un accavallamento di parole che divenne un
brontolio indistinto, un ronzio, che si perse fra i rumori diurni, finché in lui e intorno a lui tutto fu un silenzio
solido, totale.
E in questa sua realtà
rarefatta, l'Uomo guardò la Signora e la vide bellissima, maestosa,
immensa sopra e dentro di sé che via via rimpiccioliva con
una violenta sensazione di calore che, dal punto esatto del cuore, si
diramava agli arti, al collo, fino al cervello risucchiando e
dissolvendo ogni cellula del corpo convergendola in mezzo al petto
dal quale era partita la ribellione al suo non essere, al non
esistere.
E provava un senso di
abbandono, una serenità sconosciuta, nella consapevolezza di volersi
perdere in quel silenzio, mentre avveniva in lui una metamorfosi
liberatrice che lo esentava da ciò che per sua natura è complesso e
che non era mai riuscito a comprendere.
La Signora era certa fosse
successo qualcosa ma non avrebbe saputo dire che cosa. Una sensazione
indefinita di atemporalità dalla quale si scosse.
Si guardò
intorno, nulla era cambiato. I moduli ordinati sulla scrivania, la
penna accanto ai fogli, la Collega insonnolita.
Dalla porta socchiusa
dello studio aveva percepito come un passaggio veloce, un'energia
differente. Ma la sedia accanto a lei era vuota e sul "Verbale 711" c'era una farfalla bianca macchiettata di nero.
Perplessa la Signora la
prese delicatamente e la liberò nell'aria.
Si soffiò dai
polpastrelli la polverina delle ali.
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