lunedì 12 marzo 2012

Succede che un giorno qualunque

L'Uomo s'abbottonò la giacca, ne alzò goffamente il colletto e, con disappunto, mise la mano all'altezza della gola per proteggersi dall'improvvisa folata di vento primaverile.
“Quest'anno il caldo non ne vuole proprio sapere...” borbottò.
La Signora osservò quella mano piccola e bianchiccia, dalle unghie smorte, e fece un sorriso apparentemente benevolo ma in realtà infastidito. Noioso, sentenziò, e allungò il passo seguita dall'andatura saltellante dell'Uomo e della sua cartella antiquata che, battendo sul ginocchio, aveva piccoli moti sussultori e una vaghezza di cigolio della maniglia.
Al di là della cartella, la Collega perdeva i lineamenti in un tailleur grigio senza garbo, dalle grandi impunture e i bottoni di plastica bianca, a contrasto.
Sempre in coppia vanno questi, pensò la Signora, ed entrò nello studio con la decisione di chi, dovendo inevitabilmente affrontare una situazione spiacevole, non veda l'ora di superarla. Si sedette davanti e non dietro alla scrivania, quasi a voler togliere ufficialità all'incontro e l'Uomo le si sedette accanto, appoggiò la cartella sulle gambe, alzò i piedi sulle punte per livellare il piano d'appoggio, e l'aprì.

C'era una minuzia nei suoi gesti, un'attenzione nel concentrarli in brevi scatti, del tutto consone alla sua bassa statura, alla figura insignificante. Gli occhi, dal colore neutro, indeciso, leggermente sporgenti, seguivano l'azione con uno sbattere di ciglia svelto e regolare, come un metronomo. I capelli corti e incolore, diradati sulle tempie, stavano ritti sul capo tondo, senza contrasto cromatico.
Sembra un insetto, pensò la Signora. E, come un insetto, l'Uomo porse l'orecchio buono alla Collega, con una leggera mossa del collo, abbassando un poco la spalla, sollevando appena il mento, e annuì.
Poi estrasse dei moduli e li allineò con precisione sul piano, rispettando la simmetria dei bordi della scrivania e della sovrapposizione dei fogli.
La Collega lasciò vagare il pensiero e si perse nella noia della solita routine.

L'Uomo svolgeva uno di quegli ingrati lavori statali di controllo che inibiscono qualsiasi rapporto di simpatia con l'interlocutore. La malcelata insofferenza degli utenti all'inizio lo aveva mortificato ma, col passare degli anni, aveva sviluppato un livore di rivalsa che si era cronicizzato nel suo modo di essere sbiadito e vendicativo.
Il lavoro non gli piaceva, in più era frustrante che tutti  non vedessero l'ora che si togliesse dai piedi. Controllava, sanzionava e se ne andava. E più sanzionava più imprecavano e più lo sfuggivano. Era un circolo vizioso nel quale era rimasto intrappolato e dal quale non poteva più uscire.
Il lavoro lo schiacciava, lo isolava in un mondo nel quale, per altro, occupava poco spazio. Non era attraente, non era loquace, sentiva da un orecchio solo. Soffriva di gastrite ed emetteva a tratti dei lievi sibili sgonfiando le guance per rilasciare disgustosi accumuli d'acidità. Si muoveva senza grazia e sapeva di non piacere. Aveva quell'età di mezzo che ha dimenticato i sogni della gioventù per stabilizzarsi nel grigiore dell'insoddisfazione. Senza moglie, né famiglia, né amici. Senza passioni.

L'Uomo seguì il lento protocollo dei moduli. Domande, risposte, verifiche, cercando di scoprire in un'inflessione di voce, in un'esitazione, l'appiglio per approfondire ed esercitare il suo potere.
La Signora era efficiente fra schedari e mappe catastali ma, allo stesso tempo, era innervosita dal fatto che, qualcosa che non va lo dovranno pur trovare
Sicura nei modi, aveva una sensibilità retrattile che difficilmente mostrava, più per discrezione che per sfiducia, e le sue emozioni, sovente trasformate in ironia, erano riservate agli amici con i quali aveva condiviso il percorso più lungo. Era positiva, indipendente, ma quello che sembrava un buon carattere era in realtà un modo d'essere complesso e spesso tormentato.

L'Uomo accavallò le gambe dondolando il piede calzato di nero. Il gesto scoprì la pelle del polpaccio fra il calzino, corto e triste, e il risvolto del pantalone. E quel lembo di pelle, così chiaro e traslucido, in contrasto col nero sfinito della stoffa, sembrò alla Signora patetico e impudico. Come se l'Uomo avesse aperto uno spiraglio intimo attraverso un contatto visivo del tutto meccanico e del quale non aveva coscienza.
Osservava la sua meticolosità, incuriosita dalla pochezza vitale dell'Uomo, chiedendosi cosa ci fosse dietro a quel tipo così simile ad un insetto da sembrarle ridicolo.

Quando non lavora di cosa si occupa? gli chiese.
L'Uomo girò gli occhi rotondi verso di lei con la palpebra bloccata a mezz'occhio e tardò un attimo a riprendere il sistematico sbattere di ciglia ancor più svelto e irregolare. Era disorientato dalla domanda, per lui, inusuale. 
Appoggiò la penna parallela ai fogli, la spinse col pollice per correggerne la verticale, prese fiato e tempo, mosse la testa e scatti veloci a destra e a sinistra come una libellula.
"Beh... io... veramente... non saprei..." tentò di ritrarsi.
Poi, all'improvviso, parve prendere vigore, e in quel rianimarsi c'era una sorta di gratitudine per una domanda che da tempo nessuno gli rivolgeva, perché a nessuno interessava sapere che cosa facesse del suo tempo, e tanto meno pensava potesse interessare alla Signora, per la quale provava una certa soggezione unita alla solita ostilità di ruolo e al desiderio di punirla per essere ciò che era, o ciò che sembrava essere.
"Avevo una passione... tante ore d'appostamento, di studio, di catalogazione... troppo troppo tempo..." confermò come fra sé "...ero appassionato di entomologia... ma adesso, sa..." e volse gli occhi esitando, incerto sull'approvazione di lei.

Oddio non ci posso credere! Un insettologo! rise in cuor suo la Signora sentendosi presa nella sua stessa trappola mentale e sconcertata dal potere che quell'identificazione avesse fatto assumere all'Uomo movenze e fisicità d'insetto.
Non ho mai conosciuto un entomologo, dev'essere un mondo affascinante, disse pronta ad ironizzare.
"Affascinante sì, ma... sa... poi... il lavoro..."
E, incoraggiato da quello che intese come interesse, l'Uomo si lanciò in una spiegazione fitta di appostamenti solitari, di silenziose ore nel bosco dove trasferiva la sua mancanza di contatti umani alla ricerca di esperienze naturali apparentemente minime ma in grado di creargli emozioni. 
Cercava, catalogava, approfondiva, interiorizzando processi di vita misteriosi, trasformazioni magiche.

Raccontava, in tono concitato, che aveva perfino scritto un libro sull'evoluzione della farfalla comune, che gli era costato notti di ricerca, in un isolamento che lo aveva estenuato.
Piano piano l'esaltazione verbale si smorzò in un accavallamento di parole che divenne un brontolio indistinto, un ronzio, che si perse fra i rumori diurni, finché in lui e intorno a lui tutto fu un silenzio solido, totale.
E in questa sua realtà rarefatta, l'Uomo guardò la Signora e la vide bellissima, maestosa, immensa sopra e dentro di sé che via via rimpiccioliva  con una violenta sensazione di calore che, dal punto esatto del cuore, si diramava agli arti, al collo, fino al cervello risucchiando e dissolvendo ogni cellula del corpo convergendola in mezzo al petto dal quale era partita la ribellione al suo non essere, al non esistere.
E provava un senso di abbandono, una serenità sconosciuta, nella consapevolezza di volersi perdere in quel silenzio, mentre avveniva in lui una metamorfosi liberatrice che lo esentava da ciò che per sua natura è complesso e che non era mai riuscito a comprendere.

La Signora era certa fosse successo qualcosa ma non avrebbe saputo dire che cosa. Una sensazione indefinita di atemporalità dalla quale si scosse. 
Si guardò intorno, nulla era cambiato. I moduli ordinati sulla scrivania, la penna accanto ai fogli, la Collega insonnolita.
Dalla porta socchiusa dello studio aveva percepito come un passaggio veloce, un'energia differente. Ma la sedia accanto a lei era vuota e sul "Verbale 711" c'era una farfalla bianca macchiettata di nero.
Perplessa la Signora la prese delicatamente e la liberò nell'aria. 

Si soffiò dai polpastrelli la polverina delle ali.

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