Come
un dio guerriero
si
faceva guidare dalle stelle
e
dal vento, seguiva gli odori della terra
e
portava a tracolla l'amore
e
i segreti raccolti sui cigli, come fiori.
Ma
una notte
perse
la luna la strada e il cavallo
confuse
il volo dell'airone
col
soffio del serpente
e
inciampò nel suo pianto.
Cadde
in ginocchio nel buio
dove
la felce si disfa
dove
i rami invadono le stelle
e
tremò nel cuore.
Si
ruppe l'incantesimo,
d'improvviso
l'amore
si fece piccolo e leggero
i
sogni smisero di respirare
e
quando ristagnò nell'ultimo silenzio
il
bosco lo inghiottì
e
tornò rospo.
*
E' una storiella che resta tale (ben lontana dalla levatura delle tue poesie), carina e con finale inverso, ma... non è questa la Titti che mi sta a cuore, non è questa la Titti la cui poesia spalanca i cancelli dell'emozione e trascina nel ritmo della parola con quel moto Lorchiano che tanto mi stupisce. Un bacio. Bit
RispondiEliminaHai ragione,Bit, sono d'accordo con te. È un modo diverso e, di certo, meno emotivo. A mia discolpa ti dirò che questi miei 'moleskine' li vedo come schizzi a sanguigna, frulli, divertissement, da scrivere e leggere col sorriso, 'scostata di un nulla da me' perché, se si va più in fondo se ne va il sorriso. Ti abbraccio.
RispondiEliminae tu quel sorriso non farlo andar via, che mi piace tanto...
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