martedì 14 agosto 2012

Terra d'Orixà

Dopo la Virgem il tempo si fa  vasto 
di pioggia, febbraio s'abbrevia
nel vento spinoso del sertão.
Fra le piante del caffè il ragazzo nero
dorme stretto ai suoi ginocchi
e sogna l'odore biondo delle donne
rovesciato nei catini di zinco.
Nei palmi gli germogliano
i chicchi rossi del raccolto
e Nossa Sehnora Aparecida
s'aggrinza nelle tasche.

(Io che accordo Oxun e il Padrenostro,
accendo candele ai quadrivi
e offro a Yemanjà tre piccole barche
azzurre che inseguo di sguardi
fino all'ansa del rio.)

In questa terra distratta di magie
dove vivo straniera, mescolo dei e santi
cerco nei dubbi il segno del profondo.
Le idee si fanno lunghe
e girano intorno al mio stupore
osservo dell'uomo il passo incerto
nella confusione del volere.
In quest'arso silenzio d'Orixà
s'azzittisce l'ossessione delle cose,
cerco il sacro dell'acqua e della morte
e il Dio che dorme i sogni del ragazzo.

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